Friday, July 7, 2017

Zulu, la Gente del Cielo

Zulu, nome che deriva da amazulu che in isiZulu ( una delle 11 lingue nazionali del Sudafrica) significa “Gente del Cielo”, sono l’etnia più numerosa che popola il Sudafrica, principalmente nell’area del KwaZulu-Natal. Chi volesse saperne di più sulla storia degli Zulu può leggere qui il post dedicato proprio al loro passato. Ho cercato di mostrare le fasi salienti della loro storia, quella di un popolo in continua guerra per la propria terra, la propria identità e libertà.
Oggi mi dedicherò all'organizzazione sociale, ai villaggi, alle loro credenze e superstizioni, supportata da un testo scritto da un missionario giunto in Sudafrica nel 1900, il medico J. B. Mc Cord, ed altri saggi di studiosi stranieri. 
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James Bennet McCord, medico missionario venuto dall’America e molto interessato alla cultura sudafricana, descrive nel suo Journal of Race Development le caratteristiche degli Zulu. Secondo il medico americano lo Zulu nel suo ‹‹ nativo stato primitivo ›› è famoso per il suo essere impulsivo, caratteristica che lo rende altruisticamente eroico in battaglia. Per McCord tanti sono gli aggettivi che potrebbero contraddistinguere il tipico Zulu, ma per lui l’unico davvero utile alla comprensione del suo carattere è il suo essere ‹‹ amorale ›› in quanto vive seguendo le sue proprie regole. 
‹‹ Egli è ospitale per consuetudine e finché il suo cibo basterà egli lo condividerà con il suo ospite. Ama se stesso, la sua famiglia ed il suo bestiame›› continua McCord nella sua descrizione ‹‹ E’ appassionato al ballare, al cacciare, al mangiare, al chiacchierare, al fumare tabacco ed al combattere ››. Tradizionalmente lo Zulu ha un modo particolare e distintivo per vestirsi, per McCord ‹‹ quasi completamente selvaggio ››. 
‹‹ Il loro cibo consiste quasi interamente in ciò che coltivano nei giardini arricchito da un pollo occasionale ed una capra, e molto raramente da altra carne ››. Il repertorio culinario degli Zulu comprende una quarantina di piatti per lo più vegetariani, anche se amano la carne. Mais, patate, zucche, fagioli, pomodori ma soprattutto grano per il quale costruiscono un pozzo a forma di vaso, rivestito con argilla e sigillato con una grande pietra piatta, per le stagioni in cui non cresce. 
Sono fieri della loro birra che è ‹‹ la delizia del pagano e la disperazione del missionario ›› per McCord. Preparare la birra è compito delle donne che inizialmente fanno macerare in acqua per un giorno il sorgo ed il mais, poi bollono il tutto e la poltiglia rimasta viene lasciata raffreddare. Ha un contenuto alcolico del 3%, è rinfrescante e nutriente. Tra le altre capanne quella adibita alla fabbricazione della birra è distintiva poiché fatta solo di paglia così da consentire al fumo di uscire velocemente. Gli Zulu sono molto famosi per la loro arte raffinata. Gli oggetti più interessanti sono i contenitori d’argilla decorati o con disegni scolpiti, o con fili metallici o con perline e poi cotti in forno. Naturalmente queste arti tradizionali, come anche i cestini intrecciati d’erba, sono oggi prodotte in massa nelle industrie e poi vendute in tutto il mondo. Conservando così il loro fascino selvaggio e primitivo.
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VILLAGGIO E ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Chi arriva in un villaggio zulu deve cimentarsi in una stretta di mano a tre fasi con i componenti della tribù, secondo le usanze tradizionali. Poi c’è la cerimonia di benvenuto con l’offerta della birra di sorgo versata all’interno di una piccola zucca scavata. Rifiutarla significa respingere l’ospitalità.
Umuzi è il termine utilizzato per indicare il tipico villaggio zulu. Composto da due palizzate concentriche di tronchi spinati, ha situato all’interno del cerchio più esterno le varie capanne mentre nel cerchio più interno il bestiame, il kraal, con una piccola recinzione per i vitelli. Il villaggio è solitamente costruito su di una leggera pendenza con l’entrata principale all’estremità più bassa. Cosi l’acqua piovana scendendo pulisce il bestiame, il terreno si asciuga velocemente ed i nemici devono combattere in pendenza. All’interno del villaggio le mogli del capo hanno una propria capanna e la posizione di quest’ultime ha un significato proprio. La capanna più grande, opposta all’entrata, è quella della madre del capo, una figura molto importante all’interno della tribù zulu. La capanna del capo è alla sua sinistra, quella della prima moglie alla destra della capanna della madre del capo, la seconda moglie è a sinistra della capanna del capo, la terza moglie è a destra della prima moglie e così via fino a formare l’intero villaggio. Infatti come scrive anche McCord ‹‹ il villaggio sudafricano è composto da un gruppo di capanne, il numero dipende da quante mogli ha un uomo. Ogni moglie ha una capanna per se ed i suoi bambini ››. Ogni villaggio quindi è composto da una sola famiglia ma può arrivare addirittura a 100 o 150 persone poiché all’interno vi saranno anche i figli ed i nipoti. 
La tradizionale capanna ad alveare è conosciuta come iQukwane. La sua costruzione è fatta per lo più di bastoncini, erba e paglia, al centro un albero centrale fungerà da supporto, la porta verrà costruita bassa in modo che chiunque voglia entrare si debba chinare, non vi sono finestre o camini infatti al centro ci sarà solo un piccolo focolare rialzato. Il fumo uscirà fuori dalla porta o attraverso la paglia con l’effetto di fumigare costantemente la capanna. Il capo tribù è chiamato inkosi, oggetto di venerazione e rispetto, un punto di riferimento per l’intero gruppo di cui è responsabile. Il potere del capo oggi è molto inferiore rispetto al passato, ma ancora è responsabile per la sua tribù. 
La poligamia è una delle più antiche istituzioni degli Zulu. Come già spiegato in precedenza ogni capo, come ogni uomo della tribù, può avere diverse moglie, dalla mezza dozzina ad alcune dozzine. La pratica di avere diverse mogli indicava la posizione sociale di un uomo, la sua saluta e virilità. Come spiega anche McCord ‹‹ Un uomo con una sola moglie ha la stessa condizione sociale di un uomo bianco del Sud con un solo schiavo prima della Guerra ››. La prima cosa che un giovane zulu pensa quando raggiunge l’età adulta è il matrimonio. Egli comincia a lavorare per ottenere il denaro o bestiame necessario per la dote, o lobola , della moglie. Dopo aver sposato la prima moglie sarà semplice averne una seconda, una terza e così via, poiché avrà aiuto nel lavoro dalle altre mogli. Il giovane uomo generalmente non si sposa fino a quando non ha compiuto venticinque o trenta anni. Questo poiché deve avere il tempo di guadagnare i soldi per le sue mogli. Le ragazze invece generalmente si sposano giovani, quasi sempre prima dei venticinque anni e spesso prima dei venti. E’ molto comune per un anziano zulu sposare tante giovani donne. 
McCord afferma che ‹‹ dopo che un uomo si è procurato mezza dozzina di mogli ha fatto la sua felicità ››.
Nella tribù zulu, accanto al capo, grande importanza e potere avrà lo sciamano o sangoma poiché la vita e la salute dei vari membri dipenderanno dalla sua abilità e dalla sua volontà. Una figura mistica, generalmente una donna, legata alla medicina tradizionale e alla superstizione popolare. Profondo conoscitore dell’animo umano e molto rispettato dalle comunità, legge il passato, comunica con gli spiriti usando radici, erbe, cortecce, pelli di serpente. Secondo McCord colui è un ‹‹ ciarlatano, lettore della mente ed ipnotizzatore, pratico nello scoprire i segreti e poi dirli come se gli avesse scoperti tramite la sua magia ››. 
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CREDENZE E SUPERSTIZIONI
La credenza degli zulu nella stregoneria è universale. Non credono nel destino ma credono che ogni evento si verifichi per un determinato motivo. Per loro la malattia giunge a causa del risultato di qualche veleno somministrato nel cibo o gettato sul corpo di una persona, o causa di qualche stregoneria. 
Il sangoma è solitamente incaricato di accertare la causa degli eventi nefasti e proteggere il clan dagli spiriti maligni. Generalmente è interessato al mondo psichico e lavora in stati alterati per richiamare gli spiriti ed aiutare la comunità. Anche l’iNyanga , il cosiddetto naturopata e medico della tribù, ed il sanusi sono dei professionisti zulu che coinvolgono l’abilità di stati di trance ed altre arti esoteriche. 
La mitologia Zulu ritiene che l’intera vita dipenda da una Grande Battaglia. All’inizio, alle origini, non esisteva nulla se non l’Oscurità Fertile che galleggiava sull’invisibile Riva del Tempo. Un giorno il desiderio si presentò sulla Riva del Tempo cosicché dall’Oscurità Fertile nacque la scintilla della coscienza, il Fuoco Vivo. 
Il Fuoco Vivo era consapevole di essere solo. Ed è da questa sua consapevolezza che nacque la Grande Solitudine. Tutte le creature da allora condividono un po’ di quella solitudine. Nella sua furia e solitudine il Fuoco Vivo cominciò a crescere dall’Oscurità fino a divenire una fiammeggiante luce. Ed è così che iniziò l’eterna lotta della luce e dell’oscurità per tutto l’universo. Una lotta necessaria affinché tutte le cose continuino ad esistere poiché se uno dei due prevalesse sull’altro tutti i viventi morirebbero in una fiamma ruggente. 
Sebbene gli Zulu credano nella Grande Battaglia, credono anche che la terra sia destinata a rimanere in pace. La loro mitologia narra che la Grande Madre Terra abbia creato quattro forti fratelli per sostenere la terra, mantenere la pace e vivere in armonia tutti insieme. Nella terra del ghiaccio, al nord, ha posto il fratello bianco, nel caldo sud ha posto il fratello nero, nell’ovest ha posto il fratello rosso e nell’est il fratello giallo. Tutte e quattro le razze umane sono responsabili per la stabilità e la pace di tutte le popolazioni sulla terra. 
Le leggende narrano inoltre che gli antenati dell’umanità, gli Amadlozi, hanno viaggiato dalla loro casa nel Cosmo, passando per il sistema solare di Sirio, fino ad arrivare sulla nostra terra. Tutte le creature vengono da questi antenati e quindi sono connessi tra di loro in una grande rete della vita. Tutti siamo una grande famiglia. Sima-Kade, l’Albero Zulu della Vita, è un’espressione della consapevolezza sulla connessione di tutte le cose. Sima-Kade significa “Colui che esiste per tutto il tempo, che è esistito da tutto il tempo e che continuerà ad esserci per tutto il tempo”. Attraverso Sima-Kade le persone e le cose sono connesse tra di loro. 
Gli Zulu danno grande importanza ai sogni poiché secondo loro contengono messaggi lasciati dagli Avi. Un’esperienza di sogno importante, definita dalla scrittrice Christina Pratt ‹‹ la chiamata del sangoma››, è l’Ukutwasa. Durante quest’esperienza il sognatore vedrà degli animali, di solito quattro leoni o leopardi ed a volte coccodrilli e serpenti, che lo porteranno lontano e lo divoreranno. Una volta svegliato il sognatore verrà riconosciuto come twasa, un’apprendista che inizierà l’addestramento per diventare un sangoma, tradizionalmente sarà una donna. Gli animali che si manifestano nel Ukutwasa diventeranno gli spiriti protettivi del sangoma. Secondo gli Zulu il sangoma è chiamato ad un destino che non voleva ma che deve seguire poiché è impossibile resistergli. 
Le pratiche della guarigione del sangoma sono basate sulla consapevolezza degli zulu che l’anima umana sia parte integrante dell’Io Universale, Dio, e che l’anima cominci ad esistere quando Dio la crea. L’anima umana è composta da una sostanza fatta di spirito, l’anima ena , che contiene una sfera trasparente, l’anima moya. La sfera contiene due creature simili a vermi, una creatura è rossa piena di impulsi malvagi ed una creature è blu piena di impulsi buoni. Entrambe si muovono, danzano e combattono tra di loro incessantemente. Come l’Universo, ogni individuo è coinvolto nella Grande Battaglia, per creare un equilibrio tra il bene ed il male all’interno del moya, un equilibrio necessario per l’esistenza dell’anima poiché sia la perfetta bontà che la perfetta cattiveria possono provocare la prematura morte dell’anima.
Gli zulu credono che l’ena dopo la morte vaghi sulla terra per un po’ prima di disperdersi, mentre il moya si reincarna in un’altra vita. L’anima ena si svilupperà di nuovo in ogni individuo e porterà con se messaggi di avvertimento per il futuro poiché delle volte può lasciare il corpo ed andare nel futuro. Se gli eventi del futuro sono da evitare l’ena può parlare alla persona tramite i sogni, così da ammonire la persona di fare le scelte giuste. Dopo la morte l’ena si disperderà a meno che non sia nutrita dalle preghiere e dai pensieri dei viventi, questi ena che vagano sono consultati dai sangoma nei momenti di difficoltà e servono da intermediari tra i viventi ed il mondo degli spiriti. 
La religione degli Zulu è basata quindi sul culto degli antenati. Nelle descrizioni dei missionari giunti nel diciannovesimo secolo, uNkulunkulu o Mvelingqangi cioè “colui che viene prima” è concepito come il Dio Zulu o antenato originario. Un antenato di valore, defunto da tempo, può diventare un uNkulunkulu.
Vi sono varie credenze sulla creazione umana. Secondo lo scrittore Zolani Ngwane uNkulunkulu fece scende i suoi due bambini sulla terra, un uomo ed una donna, attaccati ad un cordone ombelicale che poi tagliarono con una canna affilata. Nel 1850 il filologo Wilhelm Heinrich Immanuel Bleek registrò un tradizionale mito Zulu sulla creazione. All’inizio, secondo questo rapporto, uNkulunkulu creò gli esseri umani, neri e bianchi. Il creatore stabilì delle opposizioni di base: i neri avrebbero vissuto sulla terra, i bianchi nel mare; i neri sarebbero stati nudi, i bianchi avrebbero indossato abiti; i neri avrebbero portato lance, i bianchi avrebbero usato pistole. 
Molti però credono che la loro credenza in uNkulunkulu sia stata influenzata dalla religione Cristiana
Molti sono ad oggi i convertiti al cristianesimo che hanno abbandonato la tradizionale pratica della poligamia ed hanno sposato una sola moglie. Questo anche grazie alle varie scuole missionarie che con il tempo sono state costruite in tutto il Sudafrica. Questi sudafricani però continuano a ricordare le vecchie tradizioni, specialmente quando tornano ai villaggi di appartenenza, sanno parlare lo zulu ed insegnano ai loro bambini le vecchie fiabe zulu. Un monito per non dimenticare chi si è stati e continuare a ricordare il popolo che mai si è arreso ma che ha continuato a combattere per la propria discendenza per secoli. 


Bibliografia del post:
  • http://www.blessingsundayosuchukwu.blogspot.it;
  • http://zulu-culture.co.za testi estratti dal libro Zulu People of Heaven di Uli Von Kapff;
  • J. B. McCord, The Journal of Race Development, Vol. 2, No. 2, October 1911;
  • Christina Pratt, An Encyclopedia of Shamanism Volume 2, Rosen Publishing Group, London 2007.


* Per scrivere questo post ho utilizzato degli stralci presi dalla mia tesi triennale in Antropologia Culturale (2013-2014) dal titolo “Viaggio alla ricerca degli Zulu. Storia e mito di un pregiudizio” *
* Per ulteriori informazioni mi potete contattare all’email alexia_girl@hotmail.it *





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